La piccola medusa
si guardò intorno, aveva appena finito di
mangiare e
osservava beata i raggi del sole che entravano
in acqua
riflettendo mille colori.
Lentamente cercò di avvicinarsi ai suoi amici, si era
distratta
per mangiare e la
corrente l'aveva trascinata lontano.
Li vedeva scherzare tra loro, tirarsi i
tentacoli, darsi le
testate come
facevano sempre ma non riusciva a raggiungerli;
come al solito
aveva mangiato troppo!
I grandi la
ammonivano spesso:- Non esagerare, guarda che
se mangi troppo non
riuscirai più a farti trasportare...-
Esasperando le
conseguenze per farla spaventare.
Una volta,
addirittura, Medusaviola le aveva detto che se
avesse mangiato
troppo sarebbe rimasta indietro, avrebbe
perso “lo stormo” e
la terribile palla marina Mannara
l'avrebbe catturata
con facilità. Lei non aveva mai sentito
parlare prima della
palla marina Mannara e così cominciò a
chiedere in giro,
con noncuranza, facendo domande all'uno
e all'altro per non
dare a vedere che aveva paura.
Alle sue domande,
qualcuno ridacchiava, qualcuno le diceva
di tenere gli occhi
aperti e altri le dicevano che non era
poi così
terribile. I piccoli come lei la
temevano, temevano
di essere inglobate
dai suoi peli ispidi e trascinate a riva
con forza tale da
restare sulla sabbia; seccate.
Medusina cercava di
farsi coraggio ma, quando era buio,
stava ben attenta a
non allontanarsi dai tentacoli dei suoi
genitori che
l'abbracciavano dolcemente. A volte aveva
incontrato delle
palle marine nel suo vagabondare sotto
costa ma erano
tutte piuttosto piccole, malconce e per
nulla spaventose.
Adesso le sue
amiche erano un po' più vicine, riusciva
quasi a sentirne i
delicati sbuffi e risucchi melodiosi e i
divertenti “plop”
di quando sbattevano l'una contro l'altra.
Però si
stavano avvicinando troppo alla riva quelle piccole
incoscienti,
Medusina provò a chiamarle ma le uscì solo un
grosso borbottio
dovuto alla digestione. Niente da fare,
nessuno si
accorgeva di lei, provò anche a fare dei gesti con
i piccoli
tentacolini cangianti ma li sentiva goffi e pesanti e
nessuno la notava.
Il gruppo delle piccole meduse cominciò
a confondersi con
la spuma delle onde, ora le vedeva, ora
non le vedeva. Il
mare era leggermente increspato e le
sparpagliava alla
deriva tra bolle, legni, rifiuti di quegli
strani animali opachi ed imprevedibili e tante
palle marine.
Medusina cercava in
ogni modo di tornare al largo ma la
corrente era forte
e la spiaggia era sempre più vicina,
iniziò a temere di
aver perso lo stormo. Allora si accorse
di un'ombra
minacciosa che le si avvicinava; grossa, rotonda,
ricoperta di crini
duri e disordinati, era proprio la sua paura
più grande: la
palla marina Mannara!
Questa si
avvicinava con fare minaccioso, di sicuro non
aveva buone
intenzioni nei suoi confronti. Medusina provò
ad allungare un
tentacolo per urticarla od allontanarla ma
sembrava dura come
la scorza di razza.
Ormai Mannara le
era addosso, lei aveva lanciato già tre
tentacoli
avvolgendola per bruciarla ovunque ma quella andava
avanti senza farci
caso, come se non sentisse dolore. Invece
lei si sentiva
pungere dappertutto, anche sotto al cappello,
dove era più morbida.
Due tentacolini si
erano tagliati con l'attrito e gliene
restavano solo tre
con cui provare a remare lontano ma
Mannara non la lasciava anzi le premeva sempre
di
più addosso.
Cercava di infilarle i peli ispidi dappertutto,
voleva trasformare
anche lei in una orribile e vorace palla
marina. Ad un certo
punto passarono sopra un cespuglio di
poseidonia verde,
fresca, che ondeggiava le sue foglie in
favore della
corrente e Medusina pensò di aggrapparsi ad
essa per provare a
salvarsi. Con grande fatica riuscì a
staccare, uno alla
volta, dal corpo della palla marina i suoi arti
irritati dalle numerose punture e con un bel
respiro cercò di scendere un po' più giù; nel blu.
La manovra
distrasse Mannara che irrigidì per un attimo i peli,
come le vibrisse di
un pesce gatto, e Medusina riuscì ad
aggrapparsi con
tutte le sue forze alle alghe verdi che le solleticavano la pancia. La
terribile palla marina non potè fare
altro che passare oltre con il formarsi di un piccolo
vortice di schiuma . Medusina continuò a tenersi stretta stretta, con gli
occhi chiusi,
tremante di paura ma ormai salva. Poi si sentì
chiamare, lo stormo
l'aspettava, le meduse più vicine si erano accorte di tutte e avevano dato
l'allarme. Avevano formato un
enorme “tappeto” allungando
tentacoli in ogni direzione per
restare unite le
une alle altre.
Medusina non aveva
mai visto niente di più bello e dai pori del
suo cappello
cominciò ad uscire qualcosa di liquido e
trasparente,
leggermente salato, che lavò via tutta la paura.
Sul suo viso comparve un sorriso di vera
felicità, allungò un tentacolino verso il tappeto di meduse e aspettò la
corrente
giusta per
ricongiungersi alla sua famiglia.
Restarono unite
così,
intonando un canto
di gioia, tutte insieme,
fino a che furono di nuovo al largo.