Era una
bella giornata nel regno delle anime, l’aria piacevolmente tiepida e piena di
profumi e gli abitanti sembravano svolgere le loro attività in pace ed armonia.
Superbia entrò con fare altero al centro del salone e si mise a leggere una
poesia scritta da lei, salì sulla sedia per emergere oltre e declamarla con
enfasi, tutti ascoltavano poi commentarono:
Accidia- Ma dove la trovi la forza per leggere? Ira - E’
UNA POESIA ORRENDA! Offende i miei timpani Invidia - Non avrei potuto
scrivere di peggio neanche impegnandomi con tutte le forze
Lussuria - Mmh hai usato delle parole così calde; così “penetranti” Invidia - Scommetto che non l’ha scritta
lei; l’ha copiata da internet! Superbia
- Io sono una vera poetessa diplomata in poetologia applicata e ho conseguito
un master in pratica della poetica teoretica. Avarizia - Quanto hai speso per
studiare così tanto! Ira- NON ESISTE NULLA DI TUTTO
QUESTO! Invidia
- Dici così perché avresti voluto scriverla tu Lussuria – Trovo così interessante
la pratica; tutti i tipi di pratica
Gola - Ordiniamo una pizza?
Avarizia - Si, ma dove costa meno
Accidia
- Non siate precipitose, lasciatemi pensare. Ira - FUORI
TUTTE, VIA, HO BISOGNO DI ARIA
Si alzarono e cominciarono
ad uscire.
Accidia - Piano ehh, piano.
Gola - Volevo finire il mio spuntino Lussuria
- Venite, datemi il braccio, che pelle morbida… Superbia - Devo dire che ho scritto
una poesia bellissima, un’opera assolutamente nuova ed originale Avarizia- Ma si, si, facciamo una passeggiata?
E’ salutare e non costa nulla
Invidia
– Si, ho avuto la tua stessa idea
Ira - E TU BASTA COPIARE LE IDEE Lussuria - Adoro questi temperamenti
caldi e sanguigni
Le passeggiate erano il
modo migliore per fare pace; le dee camminavano nei prati, in spiaggia, davanti
ai negozi riuscendo quasi sempre a mettersi d’accordo. La vita era semplice,
lassù, gli abitanti dell’Aden oltre a dedicarsi all’ arte talvolta lavoravano
per esprimere al meglio le proprie caratteristiche personali. I boschi erano
pieni di selvaggina, i fiumi e i laghi ricchi di pesce e la natura rigogliosa
favoriva il buon umore e la serenità degli animi. Infatti, come una furia, una
divina sbottò:
Avarizia -
Dov’è la mia spazzola?
Superbia- Cosa ti fa pensare che sia qui?
Ira - Come ti permetti di insinuare che abbiamo la tua spazzola? Avarizia -AAAha! (urlando e battendo
i piedi )
Accidia (Svegliandosi di soprassalto)- Che succede ora? Avarizia - Avete preso la MIA
spazzola
Gola – Ma no, tutte noi
ne abbiamo una Invidia
– In effetti la sua è diversa, è rosa, è morbida Avarizia - E’ mia!
Lussuria - Potevi
chiedergliela forse, anche se così arrabbiata è più intrigante
Ira - Tanto lei si arrabbia per tutto Avarizia – Senti chi
parla! Argh (avventandosi su Ira)
In quel
momento entrò l’esecutore del valore civico – Che sta succedendo qui? Mi hanno
mandato per schiamazzi e disturbo della quiete divina.
Tutte
assunsero un’aria calma e rilassata, lisciandosi gli abiti, pettinandosi,
studiandosi le unghie…
Lussuria – Non so agente, è sicuro che il posto sia questo?
Forse ha sbagliato boudoir
-
Sono sicurissimo, non cercate di depistarmi, i
vicini si lamentano delle urla che provengono da qui, e qui ci siete solo voi,
urlavi tu?
O tu?
Accidia -Ma agente, sul serio, le sembriamo persone agitate?
Persone che urlano? Non si addice a delle divine come noi.
Una alla
volta si rivolsero all’esecutore con suadente calma mentre le altre, fuori
dalla sua vista, cercavano di incolparsi e colpirsi a vicenda. L’esecutore si mise a camminare tra loro con
aria sospettosa, con in mano una penna di pavone e un blocco di fogli d’oro per
prendere le generalità delle sospettate, usava la penna anche su di loro per
alzare un mento, scostare capelli, abbassare le mani che provavano a protestare.
L’atteggiamento era innocente quando si avvicinava e si scatenavano fuori dalla
sua vista. Ad ognuna di esse chiese il nome e cosa facessero in quel luogo e
loro si dichiararono ottime amiche facendone montare l’ira a sua volta.
-
Insomma! Basta con queste bugie! Cosa fate qui
tutte insieme! E cosa avete da urlare!?
Ira -Veramente ora è lei che urla…
-
Non mi fate arrabbiare!
Avarizia -Oh no, assolutamente, cadere nell’ira è un vizio
orrendo. Accidia -E’ un’inutile spreco
di energie
Superbia -E’ un comportamento inopportuno per una persona come lei.
-
Adesso basta! Vi porto tutte in questura!
Gola - Ma non vuole prendere una camomilla? Magari un
biscottino, così per calmarsi, per rilassarsi
Ira - Sembra davvero fuori di sé Superbia - Le capita spesso di
cadere preda dell’ira? A me mai Invidia
- Potrei consigliarle un ottimo
terapeuta Lussuria
-Io conosco dei metodi piacevoli e naturali per mantenere la calma (la lussuria
esplodeva da ogni sillaba), se vuole le spiego come si fa Invidia - Se fossi in
lei, non mi abbasserei a questi vizi così plebei Avarizia - Sa che si consuma
tanta ma tanta energia ad arrabbiarsi così? Accidia - Oddio io non ce la farei
proprio.
Tanto
fecero e tanto dissero che l’esecutore esplose di rabbia e cercò di catturarle
ma senza alcun risultato, le anime dei vizi erano bravissime a nascondersi dappertutto.
Il fatto di esserne l’incarnazione stessa dava loro la capacità di
intravedere piccole parti di sé in chiunque incontrassero nonostante le persone
cercassero di dissimulare comportamenti e attitudini anche solo velatamente
viziosi. Specialmente
Invidia riusciva a mascherarsi dietro a gentilezze e complimenti cambiando
espressione come una grande attrice. Un giorno pensò di invitare
tutte le dee a cena da lei per dimostrare le sue capacità in cucina. Avrebbe
preparato una ricetta speciale di “zuppa d’incanto” che l’avrebbe fatta
brillare in eterno come la più brava cuoca del regno. Cercò nel bosco le erbe
migliori, le più fresche e rigogliose che poi girò nel pentolone con un lungo
mestolo ed un sorriso denso di perfida malignità. Presto arrivarono tutti i
vizi chiacchierando amabilmente.
Gola – Mmh che profumino Avarizia – Davvero è per
noi? Superbia – Io una volta
ho cucinato una zuppa così buona che è venuto Geus in persona a farmi i
complimenti
Ira- Ma piantala di spararle così grosse Accidia – Non ti stanchi a girare
così forte con quel mestolone? Lussuria – Che profumo invitante Invidia – Vi prego, amiche
care, aspettate fuori; non è ancora pronto
Uscirono ad aspettare
cercando vanamente di farsi offrire una sigaretta da Avarizia che rovistava
nella borsa per prendere tempo.
Erano ancora sorprese da quell’invito improvviso.
Gola non stava più nelle sue morbidezze, non
sarebbe riuscita a resistere a lungo.
Fortunatamente si era portata da
casa qualche stuzzichino: mozzarelline al basilico, flan di nuvola al pepe rosa
e tartine alle uova di lampreda.
Lungo la strada aveva raccolto dei succosi
frutti di bosco che ora rendevano più dolce l’attesa. Se almeno quel profumino
non le avesse stuzzicato le narici avrebbe potuto schiacciare un pisolino come
Accidia o cercare monete perdute dai passanti come Avarizia. I camerieri entravano ed uscivano
dalla cucina per soddisfare le richieste di Invidia, Superbia li ammorbava con
il racconto delle sue imprese e Lussuria li distraeva con le sue grazie che
lasciava intravedere tra sorrisi lascivi e vivaci allusioni. Gola doveva
ammettere che Lussuria faceva un certo effetto anche a lei come a tutti gli
abitanti del regno che l’amavano, ricambiati, indistintamente. Lei si
accompagnava ad ognuno, instancabile, donando intense, seppur effimere
felicità. A fermare le sue riflessioni ci pensò Ira che per tutto il tempo aveva
camminato per l’atrio formando un solco a forma di “otto” o forse di “bretzel”.
Ira – BASTA! Non voglio più aspettare! A quest’ora
doveva esser già pronto! Crede che non abbiamo niente da fare!? Accidia - Fare?
Dobbiamo fare qualcosa? Non si tratterà mica di lavoro, vero? Non so se oggi ho
abbastanza energia Lussuria –
Oh adoro il lavoro, l’aria accaldata, i muscoli tonici, il sudore tra i
capelli! (il cameriere diventò paonazzo ) Superbia – Io
modestamente ho fatto tanti lavori nella mia vita distinguendomi sempre dalla
massa che si accontentava dei primi, mediocri, risultati senza puntare al
massimo del rendimento
Stava per stilare nel dettaglio
l’elenco dei suoi lavori e dei riconoscimenti ottenuti nel corso dei secoli
quando Ira fece un urlo tale che Invidia arrivò di corsa a vedere se qualcuno
si fosse, per caso, fatto male. Lussuria per lo spavento fece cadere una
spallina del peplo ed il cameriere a quella vista fece cadere il vassoio.
Accidia – Guardi, l’aiuterei a raccogliere ma mi
fa un po' male la schiena Superbia – Allora, Invidia, è pronto? Io sono
velocissima a fare la zuppa
Ira
prese uno strofinaccio per imbavagliare Superbia e si rivolse ad Invidia –
Allora? Siamo qui da tanto tempo che avremmo potuto impiegare in modo più
soddisfacente! Lussuria – Si, soddisfiamoci!
Invidia – Venite “care”, prego Accidia, siediti subito, sei così stanca,
non ti invidio proprio, entra Lussuria, lascia stare i miei camerieri o non riusciranno
a servirci la cena, Ira ti prego, rilassati; non ti verrà mal di gola? Gola
dove sei? Già a tavola, brava. Avarizia smetti di cercare, donaci la tua
compagnia. Ora Superbia se prometti di usare la bocca solo per mangiare o
elogiare il cibo, ti libero, fai “si” con la testa. Ed ecco a voi, mie carissime, la mia favolosa
zuppa d’incanto, sono sicura che vi piacerà e la decanterete per tutto il regno.
La tavola era fresca ed
elegante, con stoviglie di porcellana e
posate d’oro che Avarizia nascose in tasca per poterle rivendere al mercato
colorato ricavandone un bel po' di monete. Gola
finì subito la zuppa e ne chiese una seconda porzione per poterne apprezzare
meglio il sapore. Lussuria dapprima ne aspirò il profumo ad occhi chiusi come
se volesse riempire ogni sua cellula poi ne prese una cucchiaiata osservando i
riflessi dorati che sembravano danzare alla luce della luna piena. Con le dita
si bagnò le labbra prima di gustarla finalmente con ogni papilla della sua
lingua sensibile. Invidia guardava lei ed i suoi camerieri che la fissavano
rapiti ed era indecisa verso chi scatenare l’Ira. Accidia non riusciva a
capacitarsi di come avesse fatto Invidia a preparare tutto con le sue mani,
cogliere le verdure e le erbe, pulirle, cucinarle.
Accidia – Buona! Chissà quanto ti sarai stancata! Avarizia – Figurati,
avrà fatto fare tutto al cuoco Superbia – Vi dò la mia
ricetta perché questa è buona ma dovete sapere che io ci metto anche…
Ira – Non iniziare a vantarti, mangia. Invidia – Gola ti piace? Dopo 3 piatti
dovresti esserti già fatta un’idea.
Gola -
Si, finisco questo poi ti dico.
Lussuria – Io mi faccio un sacco di dee, cioè,
di idee.
Fu una cena memorabile, la
zuppa era un incanto e fu offerta anche ai domestici con grande sdegno di
Avarizia che avrebbe voluto mettere gli avanzi nel freezer. La musica di sottofondo
non disturbava assolutamente il riposo di Accidia, beata dopo 2 piatti di zuppa
e Gola, crollata anche lei dopo molti di più. Lussuria senza scarpe ballava sul
tavolo attirando tutti gli sguardi, anche quello velenoso di Invidia. Ira
ballava come posseduta inventando movimenti e ritmi sconosciuti a quella
musica. Avarizia per non consumare energie si limitava a muovere la testa, ogni
tanto richiamava Superbia che spiegava ai camerieri come secondo lei, avrebbero dovuto sparecchiare.
Accidia,
osservava sorniona e decise di fissare quel clima festoso trasformandolo in
ricordo, quindi, fingendosi sonnambula, si avvicinò a Lussuria e le fece una
lunga carezza che l’accompagnò al riposo, proprio là, sul tavolo.
Ira la vide
avvicinarsi con calma e conoscendone il potere si distese sulla poltrona e
bastò una scompigliata ai capelli per farla rilassare. Accidia poi si avvicinò ad Avarizia che fu viziata di
baci, a Superbia tolse la corona d’alloro, Invidia crollò con un solo battito di
ciglia pieno d’affetto.
La musica finì e con essa le parole e le danze
e tutti caddero in un sonno profondo e ristoratore come solo la fatica riesce a
concedere o, talvolta, il vino.