lunedì 9 marzo 2020

La scuola ai tempi del #covid19


Tornare a scuola senza i bambini è paradossale.

Che maestra sono senza di loro?

Cosa c'è nel mio "essere maestra"  se non posso esplicitarlo nella relazione con i bambini?

Sicuramente potrei mandare avanti la documentazione pedagogica, la nostra amata/odiata serie di fogli da riempire per descrivere il nostro fare quotidiano, le dinamiche di relazione del nostro gruppo di bambini e di famiglie e di lavoro.

Potrei riordinare le bacheche di avvisi e notizie, ripensare contesti gioco e aggiornare le pagine del nostro strumento di lavoro. Potrei condividere con le colleghe, a debita distanza, le perplessità e le paure sulle vicende che ci coinvolgono tutti. Come cittadini, non solo di Parma, la nostra piccola bella città capitale della cultura di quest'anno sventurato, ma cittadini di un mondo complesso e talmente interconnesso che "il battito di ali di un pipistrello in Cina può scatenare un uragano" anche nella nostra cara e incauta, Italia.

Più che recriminare e cercare ragioni, credo che la cosa migliore da fare, per il mio orgoglio da insegnante, sia semplicemente di progettare un futuro prossimo (spero). Predisporre una certa quantità di proposte ludiche e didattiche per riaccogliere il gruppo di meravigliose personcine che in tutto questo tempo saranno già cresciute, cambiate, con dei vissuti diversi dal solito.

Come è stato per tutti noi.

Ci eravamo lasciati con la promessa di una festa di carnevale, con la preparazione delle maschere che stavano realizzando con cura, con i colori preferiti, su misura.

Cosa avranno voglia di fare al loro ritorno, a parte riabbracciare gli amici?

Cosa vorranno raccontarci, con le parole o con il loro gioco?

Come rassicurarli sul fatto che anche in questo tempo immobile abbiamo pensato a loro?


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