domenica 11 aprile 2021

Così ti amo

Quando mi sono alzata

mille ore fa

mille fatiche fa

mille cose belle fa

avevo la stessa voglia di te che ho ora.

Sei nei miei sensi.

I nostri sospiri mi nutrono

e mi tengono viva.

I tuoi abbracci mi sostengono

pieni di calore sontuoso. 

Tu sei lo specchio 

e la fonte

delle mie emozioni

più segrete.

Tu sai svelarle

e rivelarle 

al mio cuore e al tuo.

Così ti amo.

La principessa Rìcciola

Era una principessa bellissima. Era nata così, con gli occhi azzurri e i riccioli biondi, unica nella sua famiglia di moretti dai lineamenti dolci ma pur sempre scuri. Era delicata come la sua pelle: appena la si sfiorava, piangeva. Se si sentiva offesa, piangeva. Se qualcun altro riceveva un regalo di compleanno, piangeva. Chiara e cerulea com'era, divenne la preferita della regina, mentre il re, uomo buono, non aveva preferenze tra tutti i numerosi principini e principesse. La regina era una creatura fragile, che a volte si lasciava prendere da bassi istinti umani, più forti di lei, come succede anche alle persone solitamente giuste.                                                                                                                                L'infanzia della principessa Rìcciola passò soavemente tra i piantini e complimenti che le rendevano apparentemente più facile la vita quotidiana. Gli altri fratelli e sorelle dovettero puntare sull'ingegno, sul coraggio, sulla personalità o la dolcezza di carattere, per emergere e trovare il proprio  modo di essere; faticando di più, ma ritrovandosi con una dotazione di strumenti emotivi varia e ricca.                                                                                                                                                      La principessa Rìcciola non poteva credere che gli altri potessero essere felici o riuscire a conquistare alcunchè senza neanche un ricciolo biondo, senza neanche una pagliuzza azzurra nei loro plebei occhi marroni o verdi.                                                                                                                                      Tutto ciò che vedeva compiere agli altri, studi, mestieri, passioni, le sembrava dunque strano, sbagliato, comunque immeritato. Com'era possibile che quando arrivava lei in un luogo, il sole, tutti gli altri non si prostrassero ad amarla e osannarla solo per ricevere il dono di uno sguardo o una parola?                                                    Com'era possibile che osassero interessarsi a cose che lei non capiva, perché tanto non ne aveva bisogno o che lei non concepiva, perché la sua meravigliosa testa era già troppo impegnata a ospitare due laghetti alpini e una cascata di boccoli che si rincorrevano con giocosa grazia?                                                        Come era possibile che tutte quelle persone trovassero l'amore pur avendo una scarsissima dotazione di base?                                                                                                                                  Inconcepibile! Piú ci pensava e meno si dava pace: solo lei, solo i suoi sorrisi potevano meritare attenzione, affetto e amore vero.                                                                                                               Chi erano questi impostori che osavano fare ragionamenti arditi, lavori gratificanti e desiderati, creare arte e bellezza nei loro ambiti o addirittura formare famiglie felici?                                                        Lei, nella sua infinita bontà ne parlava con le fantesche, le dame di compagnia, le cameriere personali, che sceglieva tra la plebe meno appariscente e raffinata e che tendeva a cambiare spesso, perché aveva poca tolleranza nei confronti dei piccoli errori quotidiani che quelle anime semplici non riuscivano a evitare. Non aveva amici di lunga data, le sue simpatie duravano poco, per paura che la frequentassero solo per brillare di luce riflessa.                                  Ma del suo dubbio persistente ne parlava con tutti, anche con un certo astio, non era eticamente e nobilmente accettabile che persone così poco attraenti dal punto di vista fisico potessero avere successo, coraggio, fama. Cercava di convincere tutti della sua bontà d'animo che si rispecchiava chiaramente nel suo aspetto, al contrario di tutte quelle persone ordinarie che in realtà dovevano essere in malafede, cattive, sicuramente assetate di gloria immotivata. Per essere più convincente ricorreva addirittura al pianto, la sua arma più affilata, sperimentata in anni e anni di onorato servizio e che quasi sempre arrivava a buon fine. In effetti le persone sensibili si lasciano spesso intenerire dal pianto altrui, anche se a volte riescono a leggere nell'animo di chi non ostenta ma custodisce con cura i propri sentimenti.                Comunque sia, tanto disse e tanto pianse che riuscì a sollevare dubbi anche in persone solitamente accorte e intelligenti: lei sarebbe dovuta essere imperatrice dell'universo, con quella chioma, con quei fanali...                                                                                                                                                Credeva fermamente che sarebbe stata solo questione di tempo prima che il mondo intero si rendesse conto di questa enorme ingiustizia sociale: quelli sprovvisti della dotazione estetica minima, non avrebbero meritato nessun riconoscimento personale.                                                                                             Ci lavorò per anni e anni, ma riuscì soltanto a portare il disaccordo all'interno della famiglia reale, a separare principi e principesse, a dividere i nipoti dagli zii, sorelle e cognati, fratelli e consorti varie. L'unica consolazione fu che il re e la regina erano già morti e non si accorsero mai dello sfacelo familiare, della perdita di fiducia che provocò nei discendenti e anche nella semplice dilapidazione di tutti i beni della famiglia, sprecati nel vano tentativo di dimostrarsi superiore.

La principessa Rìcciola si ritrovò sola, ormai pochi adoratori avevano resistito alle sue tirannie, ai suoi giochini di potere, al suo insinuare sensi di colpa urbi et orbi. 

Un giorno ricevette una lettera: le veniva comunicato che, per un errore di trascrizione, il suo nome all'anagrafe era stato ricopiato male. Lei quindi non si chiamava Rìcciola, ma Ricciòla: come il pesce, ma non azzurro.

sabato 10 aprile 2021

Sei rimasta giovane

 Strano e triste svegliarsi con quel senso di angoscia che lasciano i brutti sogni e rendersi conto che la tragedia è reale. 

Il primo treno è in ritardo, ho i piedi congelati dopo un quarto d'ora di attesa. Mamma, sto arrivando. il secondo treno è caldo e deserto, perfetto per attraversare questo lungo tunnel di nebbia padana. ho lasciato le ricette per le medicine del cane sul letto, così mio figlio non si confonde, ho un letto scrivania, anche il cane sta male in questi giorni.

Mio marito ha notato il bagaglio leggero; è un esercizio da fare per prepararsi al cammino di Santiago. pranziamo insieme fuori dalla stazione, il cameriere, visibilmente orientale ha un meraviglioso accento meneghino. Un ragazzo, sulla navetta per l'aeroporto, ha le scarpe bianchissime nonostante la pioggia, solo a Milano riescono ad avere questo stile. L'autista magrebino della navetta bestemmia ripetutamente, ma non capisco quale Dio. #forzamamma.

Dopo l'aereo un altro treno e arrivo subito da te, dalla mia mamma trasparente, sediamo vicino alla stufa, ha gli occhi profondi e curiosi, smette di mangiare un pezzo di mela perché non le va più, non ha più il suo appetito leggendario. Copre la mela con un tovagliolo, crede che possa bastare a conservarlo bene. I vicini sanno che sta male e cercano di ingolosirla; le mandano biscotti, caffè e saluti affettuosi.

Mia mamma sta in piedi per miracolo però ha steso di nuovo tutti i panni che avevo già steso io, scusa malattia, scansati un attimo che devo far vedere a questa pivella come si stendono i panni. L'unica cura possibile è l'amore. 

Ti abbraccio piano perché potresti romperti e riparto da sola chiedendoti di aspettarmi, a Pasqua. La ferrovia attraversa un Campidano verde scuro e acciaio, ricco di cardi, carciofi e altre verdure ferrose. Questo piccolo aeroporto non è mai stato così vuoto neanche quando era ancora in costruzione, sembra che arrivi da dentro  e si allarghi ovunque. Fare merenda con su guttiau davanti alla vetrina delle ceramiche di artigianato è una specie di "Colazione da Tiffany" in salsa sarda.

Ma tu non mi aspetti.

Certi dolori fanno ritornare bambini. Cercare ovunque di fare qualcosa di diverso dal piangere. La nostra ultima chiacchierata, tu che quasi ti scusavi di avere un tono di voce stanco, anziché il solito spirito allegro e battagliero, così simile a quello di babbo, affinato in mezzo secolo di vita insieme. 

Le tue domande sempre uguali, sempre riferite a "quel giovane", alla preoccupazione che si comportasse bene, che mi rendesse felice, perché ha proprio un'aria seria anche se è sempre divertente e pronto alla battuta e al sorriso. 

La raccomandazione di coprirmi bene, perché quassù c'è freddo, mica come da te, lì c'è sempre un bel sole, un vento che asciuga subito i panni e scuote la pianta di limoni, sul quale un anno ne avevi contati cento. Lo stesso vento che fa sibilare il tetto costruito da babbo, quando è andato in pensione. I tuoi saluti alle mie amiche, e ai loro figli, amici del mio, che hai conosciuto quando avevi giocato a fare la viaggiatrice esperta e stavi con noi qualche settimana e aspettavi che tornassimo da scuola, seduta nelle panchine del parco, che tu chiamavi: quel bel giardino grande, sotto casa.

La tua promessa di comprare nuovi pacchi di caffè, perché sarei arrivata presto, la tua "caffettera", mamma, sarai sempre con me, ogni volta che ne berrò uno.

lunedì 5 aprile 2021

sabato 3 aprile 2021

Aria (e acqua) di poesia

 Quando ero piccola ho scritto alcune poesie.

Una era stata pubblicata nel giornalino della scuola e la ricordo ancora quasi tutta (via Mazzini in zoccoletti), altre le avevo dimenticate e le ho ritrovate da poco in un quaderno dell'epoca. Non riuscivo a ricordare di averle scritte io, ho googlato diverse strofe prima di convincermi.

Ero appassionata di poesia e poi l'ho messa da parte a lungo. Chissà perché, forse per rincorrere le mie tante passioni. Ho ricominciato a leggerne e a scriverne da pochi anni. Ne ho ammucchiate un bel numero sul mio blog; Apprendista di emozioni. 

Mio marito mi aveva fatto una sorpresa bellissima; una piccola autopubblicazione che le raccoglieva. Questo Natale mi ha regalato un meraviglioso quaderno di carta fatta a mano con la copertina rilegata in pelle, e ho cominciato a ricopiarle tutte, cercando di rispettare la cronologia. Me ne mancano ancora poche da copiare per finire il quaderno.

Alcune poesie sono nate d'impulso, le parole scorrevano fluide nei pensieri, sento ancora la stessa energia ogni volta che le leggo. Alcune sono nate dal dolore, da un certo senso di solitudine o dalla rabbia di situazioni passate. Alcune le ho modificate tante volte, altre sono nate già compiute. 

Le mie preferite sono quelle che parlano di natura, pioggia, neve, mare, vento, stagioni, sono nate da sole, dall'ascolto e dalla contemplazione assorta.

Adoro stare sotto le coperte ad ascoltare gli eventi atmosferici o davanti al mare a sentirne la forza.