martedì 29 dicembre 2020

I libri del 2020

Questo è un diario delle mie letture di quest'anno, 2020, così difficile e tormentato. E' iniziato come un esperimento, una mia curiosità, per vedere quanto leggo più o meno e se si trova un filo logico nei titoli che scelgo. Alla fine direi di no, gli argomenti sono molteplici, sono affetta da una inguaribile curiosità, oserei dire; cronica. Meno male.


Gennaio

  • La biblioteca dei morti, Glenn Cooper, primo regalo di Natale di Ares, mio figlio, quindi ha la precedenza di diritto rispetto a tutti gli altri in attesa.
  • Le magnifiche dei Medici, Daniela Cavini, preso al negozio del museo di palazzo Vecchio, Firenze, dopo la visita guidata dell'ultima sera dell'anno, in una delle nostre mirabolanti incursioni culturali, gastronomiche, ricreative.
  • Genesi, di Guido Tonelli, complicato ma intenso come la sua materia; la fisica.
  • Cantico dei cantici, a cura di Guido Ceronetti, preso in libreria al Barilla center prima di andare al cinema, e letto abbondantemente fino a quando si sono spente le luci. Incanto e trepidazione nel trovare così tanta passione in uno scritto di oltre duemila anni fa che si ritiene attribuibile a Salomone dopo l'incontro con la regina di Saba.

Febbraio

  • La storia di Pistoia a cura di Luca Signorini, un libro di storia diverso dai soliti; divertente, curioso, ricco di aneddoti, stereotipi e piccoli peccati di una popolazione variegata per umori e attitudini.
  • Io sono Cico, di Moreno Burattini, fumetti, gag e saggistica a cura di mio marito, che mette tanta passione in ogni cosa che fa e che scrive che riesce a trasmetterla fluidamente al lettore.
  • Stupore e tremori, di Amelie Nothomb, un piccolo romanzo ambientato nel mondo del lavoro giapponese, con i suoi riti e il formalismo cerimonioso che lo contraddistingue.
  • Il cielo sopra l'Everest, di David Lagerkrantz che lascia da parte la magnetica Lisbeth Salander e immagina un thriller di alpinismo che esplora altezze da conquistare e bassezze umane da non imitare.
  • La fine del mondo storto, di Mauro Corona che a me di solito piace molto per il suo stile scarno e crudo, invece qui si è lasciato andare alla retorica e alla generalizzazione semplicistica. Inoltre durante questa lettura è scoppiata la pandemia di coronavirus.

Marzo

  • Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg, dettagliato elenco e racconto dei "racconti" del mondo, con precisi dettagli sulle fonti, confronti delle varie versioni e traduzioni fatte in prima persona.
  • Il povero Piero, di Achille Campanile, la riscoperta dell'anno, divertente come la versione per il teatro ma in forma romanzesca con tutto il surreale e comicamente tragico che riesce a inventare.
  • Le mezze verità, di E. J. Howard, questo è il tipico libro "facile" che ho scelto per i colori della sua copertina e per riportare il tempo speso nella lettura a una dimensione leggera e spensierata, anche troppo, infatti ora (dicembre) ne ho solo un vago ricordo.
  • Eroi, di Stephen Fry è un libro sulla mitologia greca, narra degli eroi leggendari e delle loro incredibili avventure con e contro il favore degli Dei che li hanno portati a diventare miti nonostante non lo fossero per nulla (miti). Sagace e ironico.
  • La porta del tempo, di F. Calenda, questo libro ha un inizio e uno sviluppo fantastici ma poi all'ultima pagina non ha risposto alla grande domanda: come va a finire. Mi ha lasciato una sensazione di incompiutezza anche perché il protagonista non ha portato a termine il viaggio.

Aprile

  • E Marx tacque nel giardino di Darwin, di Ilona Jerger, deliziosa narrazione di un incontro immaginario ma plausibile tra due grandi, tra loro contemporanei. Di certo c'è che Marx ha letto e sottolineato e annotato più volte "L'origine della specie" di Darwin, che considerava per questa sua teoria rivoluzionaria, un precursore dell'ideologia comunista.
  • Camminare
  • Ascoltare gli alberi, entrambi di Thoreau, filosofo americano che ha basato la sua immagine di vita ideale restando a contatto con la natura, vivendola e passandoci gran parte del tempo, ritenendola l'unica vera fonte di ispirazione dell'uomo.
  • Sete, di Amelie Nothomb, questa è stata una scoperta incredibile, la Nothomb che ha solitamente un tratto pulito, quasi asettico, dovuto probabilmente alla parte della sua vita passata in Giappone, ha cucito questo piccolo racconto con passione e desiderio, carnale ma non sensuale, crudo ma non truculento intrecciato con l'affetto più puro di una donna e una mamma che sanno che l'oggetto del loro amore molto presto se ne andrà per sempre.
  • Furore, di Steimbeck, un grande classico, grande anche come dimensioni, una storia familiare dura e sfortunata anche perché la sappiamo riferita non solo alla famiglia di cui si narra ma a un certo numero di popolazioni dello stesso contesto storico. Rispetto agli altri del mese questo mi abbassa la media della gradibilità non per motivi suoi intrinseci ma perché è uno di quei libri che fanno arrabbiare e vorresti esser stata lì per poter sistemare le cose.

Maggio

  • Il professionista, di John Grisham, letto solo perché è ambientato a Parma.
  • Il tuo ultimo gioco, di R. Abbott, avvincente ma regalato subito dopo averlo finito.
  • I love shopping a Las Vegas, di Sophie Kinsella, la saga di Rebecca, appassionata di acquisti a tal punto da finire spesso nei guai, sempre divertente e leggera.
  • Viaggio in Sardegna, di Giovanni Lilli, questo suo gradevole reportage era arrivato in finale al concorso organizzato da una vecchia rivista di viaggi con quello che poi ha vinto, di Elio Vittorini ed è diventato in seguito: La Sardegna come un'infanzia. 
  • Diario notturno, di Ennio Flaiano, appunti, racconti, articoli brevi ricchi di arguzia e intelligenza mascherata da cinismo, un libro che fa innamorare dell'autore.

Giugno

  • La passeggiata, di Robert Walser, un libriccino piccolo e grazioso da leggere in poche ore, magari su una panchina del parco, per notare le piccole cose che riempiono una giornata; la natura, i movimenti degli animali, il comportamento degli umani che si modifica sentendosi osservato e nasconde o cerca di farlo, i suoi desideri, le invidie, i moti dell'anima.
  • L'isola delle anime, di Piergiorgio Pulixi, bellissimo trhiller di un bellissimo autore sardo, che tiene il lettore incollato al libro e sorprende con un finale pazzesco. Intorno ci sono i riti e i luoghi nuragici e magici della mia splendida isola.
  • Il giorno del giudizio, di Salvatore Satta, questo libro mi ha accompagnata nel viaggio di nozze in Sardegna in cui ho trovato gli stessi scenari narrati e di cui ho parlato abbondantemente in un altro post di questo blog: Le coincidenze e il giudizio.

Luglio

  • Se scorre il sangue, di Stephen King, quattro racconti tremendi del re del brivido.
  • La caduta di un uomo, di David Lagerkrantz, indagine sulla morte di Alan Turing.
  • Terre selvagge, di Sebastiano Vassalli, narra le gesta dell'antico popolo dei cimbri che arrivato in Italia per conquistare e depredare nuovi territori fu sconfitto dagli onnipresenti romani ma anche dal caldo e dalle zanzare della pianura padana. Quando si dice l'importanza del campo.
  • La guerra del fuoco, di Rosny, un altro grande classico preistorico (che io adoro) pieno di avventura, coraggio, battaglie, sangue, incontri con i grandi predatori, strani riti propiziatori ma sentimenti condivisibili e eterni come solo l'anima può essere.
  • Phi, Akilah A Kohen, l'unico libro che avrei potuto bruciare se mio marito non mi avesse consigliato invece di regalarlo, ma sono ancora perplessa di questa scelta perché quelle parole entreranno in contatto con altre persone, vabbè magari lo bruciano loro. Comunque questo libro è pieno di pregiudizi e stereotipi sulla presunta inferiorità femminile e sul valore della donna che consiste esclusivamente nel risultare appetibile da parte degli uomini. Inoltre è pieno di espedienti per invitare il lettore a continuare la lettura ed evitare che venga lasciato a metà, come merita.
  • La ragazza delle arance, di Jostein Gaarder, una lieve storia d'amore raccontata attraverso un diario, rinvenuto dal figlio quasi adulto a distanza di anni dopo la morte del padre. Struggente.

Agosto

  • L'inventore del cavallo e altre 15 commedie, di A. Campanile, divertente come al solito ma in alcune di queste veramente esilarante, devo assolutamente citare l'eremita appena tornato da un congresso di eremiti di Parigi, che dovendo vivere separato da ogni altro uomo, si circonda di sole donne.
  • Le vite dell'altipiano, di Mario Rigoni Stern, scrittore che adoro, in questo libro raccoglie le storie degli animali, l'arboreto salvatico e le vite della montagna. Si tratta di tanti racconti delle sue parti, l'altipiano di Asiago, la natura, le avventure di scalatori e cacciatori, le fatiche della vita in montagna, le conquiste dei giovani che emigrano e poi ritornano. piccoli racconti dolci e rasserenanti, da leggere anche a voce alta per gli altri.
  • Le pietre della luna, di M. Buticchi. Questo libro mi ha fatto innamorare di Buticchi (lo so che l'ho detto anche di altri autori, ma nessuno di loro è geloso), le prime cento pagine raccontano una storia d'amore bellissima, ambientata nell'antica Roma, etruria e lunigiana, tra un ragazzo che da condannato a morte riesce ad elevarsi al grado di liberto, a fare la carriera militare e poi diventa "legato" e una sacerdotessa della Dea. Però a metà libro la vicenda si sposta ai giorni nostri, intervengono archeologi, astronauti, scrittrici scienziate e addirittura i servizi segreti. Da qui poi è tutto un andirivieni nel tempo e appena ci si appassiona a una narrazione, quella cambia e sposta l'attenzione sugli altri personaggi. Tutto fantastico, ma ce n'era già abbastanza della vicenda originaria.
  • Toccare i libri, di Jesus Marchamalo, una piccola dichiarazione d'amore per i libri, la lettura, la ricerca, il piacere fisico che riescono a elargire e la catalogazione dei volumi accumulati.
  • Manuale di conversazione, di Achille Campanile, un altra raccolta, questa volta però non si tratta di commedie ma di racconti, comunque surreali e molto divertenti.
  • Stoner, di John Williams, un libro calmo, con un protagonista tranquillo, anche troppo, che non si ribella abbastanza alle tirannie della vita e vive ogni giorno con senso di dovere e responsabilità. Nonostante l'assenza totale di avventure e colpi di scena, riesce ad essere emozionante, tormentoso e dolce al contempo. Si chiude con una lacrima.

Settembre

  • In nome della madre, di Erri de Luca, un altro punto di vista della storia di Maria, la madre di Gesù, che va ad arricchire la mia collezioni di "altre possibilità" se uno solo dei protagonisti avesse osato ribellarsi al suo destino.
  • Che Dio perdona a tutti, di Pif. Un tipo goloso di dolci si innamora, ricambiato, di una pasticcera ma per cercare di compiacere la sua religiosità di praticante, porta all'estremo i dettami della catechesi.
  • Firenze 1530, l'assedio, il tradimento, di A. Monti. Avere un marito scrittore vuol dire frequentare i suoi amici scrittori, che conoscendo il nostro piacere condiviso per la lettura, ci propongono anche i loro testi, no, scherzo, l'ho letto per un altro motivo. Comunque Alessandro è uno storico e qui narra le vicende del famoso assedio e la storia dei protagonisti, Malatesta Baglioni, Fabrizio Maramaldo e il nostro amato Francesco Ferrucci che è l'eroe che ha combattuto ed è morto nel paesino dove abbiamo la casa. Quindi eroe nazionale nei secoli, molto più di Garibaldi.
  • Io, Nessuno e Polifemo, di Emma Dante. Questo pezzo teatrale mi è risultato un pò difficile per le parti in napoletano, ma mi è piaciuta molto l'idea di quest'intervista che la regista fa ai due contendenti,  e riesce a strappargli non solo i fatti, ma soprattutto le emozioni. 
  • Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, la giornalista disillusa dopo l'attentato alle torri gemelle scrive le sue considerazioni maturate nell'arco di una vita vissuta ai margini di guerra. Passionale e impossibile da imbrigliare.

Ottobre

  • Menorah, di M. Buticchi, siccome il primo mi era piaciuto tanto ne ho comprati altri due e un altro l'ho avuto in regalo. Avvincente anche questo ma non come il primo.
  • Lessico familiare, di Natalia Ginzburg, questo è un audiolibro, li ascolto in macchina andando al lavoro, gli altri dell'anno non li ho messi ma questo mi ha catturato tanto, dalla prima all'ultima parola. Bellissimo, emozionante, vero, nostalgico. La storia della famiglia Levi, da prima della seconda guerra mondiale, narrata attraverso i modi di dire del padre, illustre professore di biologia, e gli enormi accadimenti del tempo. Le loro frequentazioni straordinarie, da Cesare Pavese alla famiglia Olivetti, il modo di porsi della madre rispetto ai soldi, al vestire se stessa e i figli, i traslochi, gli arresti, le fughe in campagna, esemplare, da leggere a scuola.
  • Sulle rime del Don, di F. Gabici. Si parla di un prete particolare, Anacleto Bendazzi, amante del latino, del greco e creatore di giochi di parole di ogni tipo anche nelle due lingue antiche.
  • Il borghese pellegrino, di M. Malvaldi. Anche di questo ho fatto una recensione a parte perché merita veramente; è la seconda avventura di Pellegrino Artusi che, in giro per lavoro, gastronomo in cerca di nuove ricette, riesce a risolvere un caso di omicidio che all'inizio sembrava morte naturale. C'è un ispettore fantastico come il suo nome: Artistico.
  • Phantoms, di Dean Koontz. Questo libro me l'ha proposto mio marito, e in effetti è fatto molto bene; è un thriller che fa veramente paura.

Novembre
                                                                                            
  • La camera d'ambra, di Matilde Asensi. Lei mi piace molto, è una Dan Brown al femminile.
  • Il robot che leggeva le bozze, di Isaac Asimov. Tre racconti esemplari della sua opera con il testo in inglese a fronte.
  • La fine dell'eternità, di Isaac Asimov. Ritrovo un mito della mia giovinezza, trovo terrificante che di Asimov si legga e si parli sempre troppo poco.
  • I draghi locopei, di E. Zamponi. Questo documento è la narrazione di un progetto avviato in una scuola media intitolata a Gianni Rodari, che notoriamente amava i giochi di parole, o il loro anagramma "i draghi locopei". I ragazzi hanno frequentato per tre mesi, al pomeriggio, dopo la scuola, dei laboratori dove hanno giocato con lettere, parole e frasi, creando risultati straordinari e divertendosi creativamente.
  • Le piccole virtù, di N. Ginzburg. Dopo Lessico familiare avevo voglia di ritrovare la serenità e la tenerezza che sanno creare lei e Mario Rigoni Stern coi loro racconti. Qui però non ci sono racconti ma considerazioni su diversi argomenti e fatti della vita. E' meraviglioso e pieno di caro vecchio buon senso il capitolo sull'educazione.
  • Achille Odisseo, di F. Nucci. Io adoro i miti greci e ho diverse versioni e punti di vista delle storie, qui c'è una visione più sociologica e sentimentale delle scelte che hanno spinto gli eroi a comportarsi e a vivere come ben sappiamo.

Dicembre
  • Novissimi limerick pistoiesi, di P. Beneforti, un classico genere letterario rivisitato in chiave toscana, con componimenti e disegni dell'autore, divertente, bello e interessante.
  • Almarina, di Valeria Parrella, una storia intensa, difficile, piena di sentimento e di amore e due donne che trovano il modo di salvarsi a vicenda o salvarsi insieme, e ricominciare a riempire i giorni di speranza.
  • Profezia, di M. Buticchi, ancora lui, ancora un viaggio avanti e indietro nel tempo e in America prima del tempo, ricerche archeologiche, avventure cavalleresche, templari, servizi segreti e segreti da scoprire.
  • Nuda, di Anna Salvaje. Questo libro è appena uscito, è un diario intimo, una storia d'amore e di sesso, anzi di quel sesso bello che riesce a diventare amore. Nato come diario su un blog online, Anna ha poi raccolto i suoi scritti dandogli forma di romanzo, bello, coinvolgente e intrigante, ci si ritrova a immaginarsi nelle situazioni descritte, con l'anima nuda. Non manca una lettura reale della condizione femminile e degli stereotipi di genere che si trovano ogni giorno sui social e nei titoli di giornale. 
  • Elogio della fuga, di H. Laborit. Si finisce l'anno col botto; questo libro è fantastico! Lui era un filosofo e biologo comportamentale e analizza i nostri movimenti nella società, nella famiglia, nel lavoro e nei sentimenti. Il capitolo sul benessere spiega benissimo la nostra ricerca di equilibrio tra il principio di piacere e il principio di realtà, in età adulta. Il capitolo sull'amore è il più ostico. Da rileggere sicuramente.

venerdì 27 novembre 2020

Verde di nozze

 Un po' di verde per assomigliarti e un po' di giallo per illuminare.

Verde era il negozio della parrucchiera, con pareti tinta unita e inserti a mosaico in diverse gradazioni. La parrucchiera, mia omonima e coetanea, ha accolto con pazienza le mie richieste di un'acconciatura tutta raccolta nonostante avessi i capelli corti, poi si è vendicata sparandomi addosso tutta la bomboletta di lacca per farla stare in forma per tutto il giorno. Verde il fiocco che ornava i miei capelli, al quale abbiamo aggiunto un po' dei brillantini che illuminavano la mia treccia. Verde era anche il laboratorio dell'estetista, con piccoli pezzi di arredo classico in legno scuro e particolari e bordature in arancio, che è uno dei miei colori preferiti. Il trucco ha fatto miracoli sulla mia pelle olivastra (verde) e ha aggiunto un'aria luminosa al mio viso, in mancanza del sole. Il resto doveva farlo la stola; gialla con bagliori dorati appena percettibili.

Verde era il mio vestito, morbido, lungo fino ai piedi, scelto così per essere in armonia con il luogo in cui ci saremmo sposati e perché è il colore preferito di mio marito e dei suoi occhi curiosi. Il mio amore ha negli occhi il verde del bosco e il gorgoglio di una cascatella di torrente nella risata sempre pronta.

Il bosco ci ha accolti con tutte le tonalità di verde che aveva a disposizione di quel giugno lunatico e piovoso. e con tutta la poesia di cui è inconsapevole ispiratore e maestro.

Anche la camera da letto dell'albergo del viaggio di nozze era verde, e i fondali meno profondi del mare che ci ha ossigenati e la campagna tutta, che scorreva dal finestrino del nostro viaggio bellissimo, in una Sardegna fuori stagione. 

giovedì 29 ottobre 2020

Il borghese pellegrino

Il giallo che Malvaldi ha confezionato è un originale pretesto per presentare una serie di personaggi ricchi di personalità. Il famoso Pellegrino Artusi dall'intelletto più fine del gusto, che si ritrova, come la famosa signora in giallo, al centro di vicende di sangue anche quando viaggia per diletto. L'ispettore Artistico, acuto, salace e diretto al punto giusto per arrivare al colpevole. I suoi interrogatori non lasciano ai sospettati alcuna possibilità di nascondergli le risposte che chiede. I camerieri, devoti e pieni di stereotipie, riempiono la vicenda del loro particolare punto di vista. I convitati portano al palazzo le loro abitudini e stili di vita e danno uno spaccato di tipi umani plausibilissimi. Tutti gli indiziati si muovono come se fossero a teatro, ne udiamo dialoghi e pensieri senza censura. Il lettore diventa spettatore di questo loro momento di vita. In più, a rendere stuzzicante la lettura ci pensano anche i divertenti modi di dire tipicamente toscani mischiati qua e là. 

sabato 10 ottobre 2020

Ispirato esperimento

Ma di preciso,
di sperato, 
disparato disperato
si vive?
O se ci si spara
e si aspira, 
e si spera, 
di prendere il punto preciso
poi si spira?
Inafferrabile spirito. 

giovedì 8 ottobre 2020

L'omino grigio

 Devo assolutamente raccontarvi l'incontro straordinario che ho avuto questa mattina con un personaggio particolare. Si tratta di un omino, piccolo e a prima vista insignificante, ma che in realtà, ha un compito e una ragione di vita davvero considerevoli e gratificanti per lui.

 Mi ci sono imbattuta per caso, come spesso succede per gli eventi che poi riconosciamo importanti solo dopo diverso tempo e diverse rimuginazioni. Era un tipo piuttosto ordinario, quasi grigio, silenzioso e noncurante di ciò che gli accadeva intorno, perfettamente concentrato sul compito che doveva portare a termine. 

L'omino era intento a cercare delle cose che spesso si rivelavano negli angoli più bui e nascosti di quel luogo. Non portava con sé alcun tipo di contenitore, ne faceva un mucchietto ben equilibrato e lo reggeva con grazia e leggerezza come fosse senza peso. Raccattava qualcosa vicino, qualcosa un pò più lontano e il suo mucchietto cresceva. A volte si imbatteva in una corrente d'aria che gli faceva perdere l'equilibrio.

Lui di equilibrio ne aveva parecchio rispetto alla quantità di roba che riusciva ad ammucchiare. La corrente, dicevo, gli spostava il carico e quindi il baricentro e lui ondeggiava vistosamente rischiando di cadere e di perdere ogni volta tutto il suo "tesoro".

C'è da dire che non si perdeva d'animo. Quando gli succedeva di perdere tutto, e gli succedeva spesso, per quanto ho avuto modo di osservare, lui ricominciava da capo a raccogliere ogni pezzo, senza brontolare, senza lamentarsi mai. Come se fosse nato per fare proprio quel lavoro e nessun altro al mondo e non gli sembrasse inutile ricominciare ogni volta. 

Avrei potuto maledire io, per lui, la corrente d'aria, ma mi sembrava poco nobile lamentare per procura di un fatto che l'omino pareva accogliere con rassegnata e dolce accettazione. Insomma, bene o male, piano piano il mucchio cresceva e si arricchiva di elementi nuovi; spesso simili, neri nerissimi corti e duri, bruni ricciuti attorcigliati in spirali concentriche, grigi soffici e volatili e altri, indecifrabili, di forma irregolare.

Provai a parlargli e a comunicare con lui, come si fa di solito nei piccoli paesi (ormai in città non usa più) con un sorriso e un cenno di saluto ma quello parve  non accorgersi nemmeno della mia presenza. Provai a salutarlo a voce alta ma neanche allora si voltò dalla mia parte, forse non mi aveva udito.

Era troppo intento nella sua interessantissima ricerca. Ogni volta che trovava qualcosa si chinava ad osservare e poi raccogliere il tesoro. Cercava sempre di incastrare il nuovo pezzo nel modo migliore perchè non cascasse e perchè si amalgamasse piacevolmente con gli altri pezzi e con l'intero carico. Aveva un talento istintivo per lo stivaggio armonico dei vari pezzi tra loro.

A veder da lontano quel mucchio sembrava una nuvola, non quelle nuvole carine soffici e bianche, ma quelle da cui ti aspetteresti un temporale da un istante all'altro. Ecco, potrei definire quell'omino come il genio della nuvola o il governatore delle tempeste.

Decisi comunque di non farmi spaventare da questa nuova impressione e di avvicinarmi ancora di più per osservarlo da vicino. Lo seguii nei suoi spostamenti continui, alla fine mi ritrovai distesa per terra, sulle assi di legno del pavimento, con la testa ficcata sotto al letto.

E lì, finalmente, compresi cosa faceva quell'omino provando e riprovando a raccogliere qua e là; peli, capelli e pulviscoli vari e briciole di ogni sorta. E compresi anche che il suo non era un raccogliere per accumulare o per custodire ma solo per spostare e nascondere quella quantità di materiale che chiamiamo polvere.

Lui la prendeva, la portava, la spostava da ogni parte seguendo la corrente proprio come fanno le nuvole in cielo o gli oggetti nel mare. Cercava di muoverla e portarla nei punti più nascosti, più tranquilli, in modo che noi non ci accorgessimo della sua presenza. Forse lui non sa che noi ne siamo i maggiori produttori e che tutta la nostra esistenza non è altro che una lunga, continua, incessante produzione e mutazione di cellule e tentativo di pulizia ed eliminazione delle stesse. Ora che l'ho incontrato cercherò di fare attenzione quando devo passare l'aspirapolvere e lo straccio, chissà quanti omini della polvere ho imprigionato e affogato nella mia carriera di donnina di casa. 

Ecco, signori, io ho avuto l'onore di incontrare l'omino della polvere.

mercoledì 7 ottobre 2020

Dialogo tra sordi

 Chi sei, che vuoi,

da dove arrivi

tu che mi trafiggi?

Ero tranquillo, con gli altri in apnea

silenzio intorno e il peso addosso

e sotto, dei miei pari.

Cos'è quest'attacco violento

questa punta urticante

che viola il mio bianco

mi invade, mi sporca

senza permesso

senza avvisare

né la presenza far presagire?

Sono una penna per tuo piacere

sono strumento di cura e parole

segno, non scavo la fibra che offri

foglio di carta, sei nato per me

o, io, per tua affermazione.

Porto un messaggio di forme e svolazzi

mettiti calmo e lasciati andare 

il mio mestiere è dare piacere

a chi mi adopera con attenzione

esplicitando pensieri interiori

e grazie a te, foglio, pare magia

apriamo la mente e l'anima umana

sono una penna, lasciami fare.


giovedì 17 settembre 2020

Alieni a scuola

Polvere di stella, briciole di luna
Mork vi augura buona fortuna
a voi tutti all'asilo, pieno di amici
che giocano insieme curiosi e felici. 
Io vi guardo con l'astrovisore
vi vedo giocare a tutte le ore
devo aggiustare il mio razzo spaziale
e forse un giorno venirvi a trovare 
ora vi mando un abbraccio rotondo 
che stringa tutto il vostro bel mondo. 

giovedì 13 agosto 2020

Promessa di matrimonio

 


Quel giorno ti ho incontrato alla stazione

come una nuvola arrivata all’improvviso

non si sa bene da quale direzione

e porta alla penombra tutto il viso

ma tu non porti ombre, amore mio

solo risate e sorrisi a tutto spiano

e io che stavo bene tra me e io,

 mai avrei creduto di darti la mia mano.

Forse non lo sapevi neanche tu

che sarebbe continuata questa storia

anche se da Milano facevi su e giù

solo per rinfrescarci la memoria.

Io sarda a Parma e tu toscano

un bel miscuglio di sapori e gusti

a chiacchierar del sacro e del profano

con un rispetto da accontentare i giusti.

Allora abbiam capito finalmente

che questa cosa che ci tiene insieme

e che all’inizio non sembrava niente

è germogliata piano, come un seme

e ora che a nozze siamo a convolare

ti dico che per sempre può bastare.

 

mercoledì 22 luglio 2020

Preghiera

Vieni
ti aspetto da tanto tempo. 
Non ricordo neanche più 
quando hai bagnato la mia pelle, 
l'ultima volta. 
Guardami
sono riarsa, mi rompo
in mille spaccature che si rincorrono
come a disegnare lo schema di una cellula
con tutti gli elementi
uniti da brevi tratti. 
Non riesco a stare a lungo senza te, 
credevo di farcela. 
Provo a farcela, 
ogni anno
in questo periodo. 
Mi lascio accecare dal Sole
è così vicino
così ammiccante
sono tutta rivolta verso di lui
ma è un piacere effimero. 
Per fiorire ho bisogno di te. 
Per procreare ho bisogno di te. 
Non lasciarmi sola 
ancora a lungo
o cominceranno a morire troppe parti
di me,
tanto che non so 
se riuscirò a riprendermi. 
Il mio cuore è forte 
ma la mia pelle soffre
mi chiede di te
aprendosi al tuo ritorno, 
ti assorbirà fino all'ultima goccia
ti accompagnerà fino in fondo
alla mia essenza.
Ti lascerà inventare 
nuove vie
nuove forme
nuovi desideri. 
Sono io, la Terra
e non posso vivere senza te
Pioggia. 


martedì 30 giugno 2020

Le coincidenze e il giudizio


Vi è mai capitato di notare una serie di eventi o faccende tutte legate tra loro nell'arco di diversi giorni?
Le coincidenze di solito si limitano nel tempo o nei fatti ma a me, in questo periodo me ne sono capitate diverse, o forse le ho notate di più perché sono in vacanza.
È partito tutto dal libro che stavo leggendo; L'isola delle anime di Piergiorgio Pulixi, un gran bel romanzo ambientato nella mia Sardegna che ho scelto, come faccio spesso con gli autori sardi, prima di tornarci, stavolta in viaggio di nozze.
All'inizio di un capitolo c'era una frase che mi ha colpita tanto tratta da uno scritto di Salvatore Satta; Il giorno del giudizio, che non conoscevo e mi ha fatto nascere la curiosità sia sull'autore che sulla sua opera. Durante le mie vacanze cerco sempre di acquistare qualche libro che parla della mia terra da leggere poco prima di ritornarci e questa volta avrei preso proprio questo di  Satta, autore meno conosciuto del suo omonimo Sebastiano.
Arrivata a Oristano ho ritrovato la piccola bancarella del libraio dove andavo sempre con mio babbo e, incredibilmente, ho trovato proprio "Il giorno del giudizio", addirittura la versione critica e filologica che comprende l'originale scritto a mano con quella dattiloscritta e la comparazione tra le due e altre note esterne aggiunte a parte. 
Ovviamente se non l'avessi trovata per caso l'avrei cercata in libreria ma questa PRIMA coincidenza mi è proprio piaciuta. 
Nei giorni successivi, incontrando i miei familiari, si parlava di libri e mio cognato ha raccontato di stare leggendo con piacere e per la terza volta, proprio Il giorno del giudizio. Al che io e mio marito ci siamo stupiti molto e abbiamo risposto che lo stavamo leggendo anche noi, per la prima volta, insieme, come facciamo spesso (a turno, leggiamo un capitolo, a voce alta). Questa è la SECONDA coincidenza. 
Alcuni giorni dopo abbiamo organizzato una cena con una persona conosciuta tramite Twitter, un prete gesuita e teologo che, a un certo punto ci ha raccontato di star preparando una tesi per il suo dottorato proprio sugli aspetti religiosi dei personaggi di un libro di uno scrittore sardo. Indovinate un pò; proprio il "nostro", Il giorno del giudizio, a questa TERZA coincidenza non potevamo credere. 
Intanto i nostri giorni di vacanza a Oristano stavano finendo ed eravamo a metà del libro. Spostandoci verso est, e superato Nuoro, in cui abbiamo visitato il museo etnografico, siamo rimasti senza parole di fronte a un monte altissimo, meraviglioso, dai colori e dalla composizione dolomitica, ai cui piedi era situato il paese di Oliena. 

Con questi riferimenti ho chiesto a mia sorella che conosce bene questi luoghi, il nome del monte, che abbiamo scoperto essere il Corrasi, alto 1340 metri. La strada scendeva da Nuoro zigzagando intorno a questa bellissima montagna che abbiamo potuto osservare da più angolazioni, a bocca e occhi spalancati. 
La QUARTA coincidenza è stata trovare il monte Corrasi anche nel libro di Satta, andando avanti nella lettura, e trovarne la bellezza anche nella descrizione dell'autore, ma mi sarei stupita più di non trovarla. 
La vicenda racconta di uno dei personaggi che, in preda a una fortissima crisi esistenziale, cerca di discendere Nuoro a piedi e aggirare il monte per arrivare a un luogo che ha visitato durante la sua infanzia; definito "palma di seta" in quel di Calagonone. 
E provate a indovinare dove ci troviamo noi ora, a scrivere queste righe e a meravigliarci degli scherzi che ci fa a volte la vita, QUINTA coincidenza, si, proprio nel lungomare Palmasera, Calagonone, comune di Dorgali. 
Quanti e quali altri riferimenti riusciremo a rilevare ancora?

giovedì 25 giugno 2020

Polvere di pietra

Bella e cara, la mia terra natale, ti sono mancata?
Prima di arrivare abbiamo fatto un bel giro di avvicinamento, come se tornare subito da te fosse troppo forte, dal punto di vista emozionale. Il viaggio in nave è una sorta di purgatorio, un tumulto di apprensioni e sensazioni; sali alla sera in una città caotica, vai a dormire e ti risvegli in un altro mondo e in un altro tempo.
Alla discesa a Olbia, il panorama era sfumato dall'umidità mattutina e Tavolara nascosta da una foschia che ne velava la bellezza da scoprire poco a poco. Nel viaggio verso l'interno, tra il giallo secco delle erbe caratteristiche spiccava il verde cupo, che insiste con l'intensità per emergere anche nei periodi più arsi. L'idea era di fare una strada scorrevole, dritta verso Sassari per poi risalire con calma, ma quando ho intravisto il primo cartello per Saccargia non ho resistito alla possibilità di ammirare quell'architettura particolare, bianca e nera, e abbiamo deviato.
Ed ecco i profumi, sono arrivati dopo i colori a investirci i sensi, macchia mediterranea e terreni incolti e la basilica che emerge come la proverbiale cattedrale nel deserto. E io li capisco, quei monaci che decisero di stabirsi qui e costruire la loro vita intorno a un pozzo, indice anche di stanziamenti precedenti, per l'importanza che ha l'acqua, in Sardegna.

                        Basilica di nostra signora di Saccargia

Poi abbiamo proseguito per Castelsardo e le sue rocce marrone scuro, pieno, di colore e di vita, che risalta tra il blu del mare e il verde del cisto e del lentischio, e i fiori giallo arancio del ficodindia.
Questo marrone forte mi si è impresso per il suo farsi carico della vita di microrganismi vegetali e animali. Questa sua capacità di accogliere e trattenere colture spontanee che ne trasformano aspetto e colore e, a lungo andare, conformazione, le rende quasi "umane".

                                      Le rocce di Castelsardo 

In seguito, la gita a Stintino (Isthintini in sardo) ci ha fatto ritrovare le rocce nere a fare da cornice alla finissima sabbia bianca. Stintino timida e piena di nuvole ci ha nascosto la tavolozza di sfumature turchesi della sua acqua fresca che divide dall'Asinara ma invita a raggiungerla.

                                               La Pelosa, Stintino 

Cerchiamo altri fondali e troviamo Badesi, la forza delle sue onde spaventose si impone con un blu forte nel quale rinunciamo ad immergerci per la possibilità concreta di restarci per sempre. Anche se il mare è generoso e restituisce tutto, prima o poi. 

                                                 Li Junchi, Badesi

Decidiamo quindi di spostarci verso Isola rossa su una strada panoramica il cui verde scuro ci lascia ammirare, qua e là, meravigliosi massi rossi che danno il nome all'isoletta staccatasi dalla costa, nel corso dei secoli. L'isola in realtà è poco più di uno scoglio ma abbastanza grande e vicina alla riva da farsi ammirare e desiderare come una diva d'altri tempi. È rossa e spoglia, nessun seme portato dal vento ha potuto germogliare su di sé, emerge nel blu e il bianco della schiuma, richiama lo sguardo e i flash come se fosse irraggiungibile e ora lo è; per quanto è mosso il mare. Il tratto di costa da cui si è distaccata ha lo stesso colore ma non la sua superbia. Roccia ribelle.
                                     Isola rossa e la costa ripudiata 


                                 L'avvicinamento a Isola rossa

Al ritorno ci fermiamo alla roccia dell'elefante il cui nome deriva dalla forma che ha assunto nel corso dei millenni grazie all'erosione del vento. È rossa anch'essa e la foto più bella è fatta da dentro la tomba scavata a mano da antenati lontani nel tempo. Tra il buio dell'interno e la luminosità esterna di un giorno vicino al solstizio, viene fuori un oblò di colori e paesaggio da restare incantati.

            La roccia dell'elefante guarda tutta la valle del Coghinas

Lasciando Castelsardo seguiamo le tracce dei progenitori e ci rechiamo a visitare la ziggurat di monte D'Accoddi, esempio di protonuraghe che rispecchia la forma più semplice di costruzione nuragica, piena, con salita esterna alla torre, di base quadrata. 
Pietre scure, marroni, le stesse usate per i muretti a secco, ma più grandi. 

                   La ziggurat di monte d' Accoddi, unica in Europa 

Dopo il pranzo nella centralissima piazza d'Italia, Sassari ci offre una discesa mozzafiato tra altipiani e strapiombi subito oltre la periferia. Per riprendere la statale 131 abbiamo percorso tornanti e falsipiani come fossimo in montagna, la strada 127, detta "fumosa" o "scala di giocca" è una sorpresa inaspettata per chi ama le curve.
In tempi più spensierati ci organizzavano i rally.
Per arrivare a Oristano, l'idea era quella di percorrere la panoramica da Alghero ma dato che mio marito iniziava a dare segnali di sonnolenza, abbiamo optato per la vecchia e cara Carlo Felice. Il desiderio di arrivare presto in albergo per fare una doccia era forte ma il cartello per Sant'Ignazio mi ha trovata pronta a girare per esplorare il santuario (almeno credevo) del santo di Laconi di cui mio babbo, suo omonimo, era molto devoto. Bello questo aspetto della religione che permette a ognuno di scegliere il proprio "idolo".
Invece che a Laconi ci siamo però ritrovati in un paesino campestre nel territorio di Norbello, che viene utilizzato per le feste padronali, delizioso, con una chiesetta minuscola in un parco di querce secolari e tavoli e sedili di trachite, grigia scura.
Siamo risaliti in auto e ho promesso al mio pazientissimo uomo che non mi sarei più fermata fino a Oristano ma dopo pochi minuti abbiamo trovato l'indicazione per Santa Cristina. 
Ho giurato che avremmo visto tutto in pochi minuti ma la visita non poteva proprio aspettare. 
Si tratta di un luogo magico in cui passavamo le domeniche da piccoli, babbo ci portava là a giocare e lui intanto cercava funghi, asparagi o lumache, a seconda della stagione. Mentre facevamo il biglietto ci hanno detto che era appena partita una visita guidata e naturalmente ci siamo accodati (altro che dieci minuti per vedere tutto). 
Dopo le presentazioni con la guida che ha voluto sapere tutto di noi e dell'altra coppia, siamo scesi all'interno del pozzo sacro (prenuragico, circa 3000 anni fa) che dai ritrovamenti fatti (offerte votive, ex voto e portalumi) pare fosse un luogo di culto e pellegrinaggio per ottenere guarigione e salute.

                                    Risalita dal pozzo sacro

Oltre all'emozione di vivere una forte esperienza di appartenenza alla storia ci ha stimolato diverse domande. Come sia stato faticoso costruirlo, difficile progettarlo con gli strumenti di allora, in un'epoca tanto lontana ma in cui l'ingegno umano era già in grado di realizzare meraviglie tanto accurate e longeve.
Vicino al pozzo sacro c'è un villaggio nuragico, in parte ricostruito, in una piana piena di olivi vecchissimi cresciuti intorno al basalto grigio che caratterizza la zona. Oltre a questo, l'interesse storico è provato anche dal paesino medievale con una chiesetta intitolata a Santa Cristina. 
Come altri luoghi sacri agli dei pagani (l'acqua, la natura, la fertilità) la religione cristiana se ne è appropriata il merito, mantenendo parte del culto originario, quindi l'acqua diventa santa, Cristina come cristiana, ovvero relativa a Cristo.
Scusa amore mio, se ti ho detto che ci saremmo fermati poco tempo e invece ci siamo stati più di un'ora, ma la storia e la magia da assorbire era troppa per liquidarla in pochi minuti.
Quando vedo un cartello e mi infilo in una stradina e salto giù dalla macchina e non riesco a contenere l'entusiasmo e sembro una bambina al parco giochi, c'è una roccia che mi chiama e mi dice:- Tu sei già stata qui e fai parte di tutto questo. 
E la devo toccare, respirare, salirci sopra o andarci dentro per renderle onore.
Rosse, bianche, nere, bagnate, pulite o incrostate di vita, quanta storia raccontano le pietre della mia terra. Protagoniste di ogni panorama, per forma o dimensioni importanti o solo per il colore forte che ruba la scena alla vegetazione. Se qualcuno è polvere di stella, io credo di essere polvere di pietra.

sabato 2 maggio 2020

Furore



Questo periodo di reclusione forzata non è l'ideale per esplorare letteratura e filmografia horror o angosciante, sarebbe meglio buttarsi sui classici, da poco mi era capitato, nel mucchio di quelli da leggere, questo libro di Steinbeck, vincitore di Nobel e Pulitzer. Considerando il numero poderoso di pagine, ho deciso di dargli fiducia proprio in questi giorni, decisione non di cuore quindi, ma più che altro, di economia strategica. Alla fine non posso neanche dire che sia stata una lettura rilassante. Non l'ho acquistato io, e questo se da una parte poteva darmi un motivo per evitarlo, dall'altra mi faceva sentire in colpa perché ne ho parlato con tutti in lungo e in largo per vedere se qualcuno poteva prestarmelo finché il mio compagno, impietosito, me l'ha regalato con tanto amore. Ed eccomi qua, incastrata dalla mia curiosità e dalla gentilezza di chi ho intorno.
Il titolo è tremendamente invitante, "furore" ovvero brama ardente. Cosa può contenere un libro dal titolo così evocativo? Di sicuro sentimenti simili a quelli che proviamo noi in questo drammatico momento storico (almeno, io, so invece di persone tranquille e rilassate che passano il tempo a cucinare). Così, con buona disposizione d'animo mi sono apprestata a leggere questo tomo, che comunque è davvero scorrevole nello svolgersi delle vicende, mai pesante, semplice anche nella descrizione dei personaggi e nei dialoghi tra loro, immediati, mai una parola di troppo.
La vicenda si snoda in un viaggio verso l'ovest, nella terra promessa, la mitica, verde e feconda California, la frontiera dei film western ambientati cent'anni prima. In questo caso i nemici non sono gli indiani, ma i proprietari terrieri che iniziavano ad espandere le loro coltivazioni assorbendo i territori dei piccoli contadini che non riuscivano a risollevarsi economicamente da uno o due raccolti sfortunati. La legge del libero mercato e delle paghe al ribasso sfruttante il numero di poveri che venivano cacciati dalle campagne flagellate dai fenomeni atmosferici si snoda per tutto il libro accompagnando i nostri protagonisti nella loro moderna odissea.
In parte per questo suo ruolo di osservatore e promotore di denuncia sociale; Steinbeck venne additato come simpatizzante comunista  e quindi osteggiato sia in America che nell' Europa fascista dei tempi.
Le descrizioni dei paesaggi e della natura inframezzano le vicende crude restituendo bellezza alla realtà amara e faticosa della misera gente. Comunque la storia è pazzesca, vera, struggente, ci si immedesima nei pensieri e nei bisogni della famiglia Joad e di coloro che incontrano lungo la strada, la mitica route 66. 
Leggetelo, magari in vacanza.

martedì 14 aprile 2020

La pandemia è solo una fase

Il primo mese di clausura è passato, tra l'incredulità per ogni nuova restrizione e il desiderio di piangere sempre latente, sempre sul bordo, pronto ad afferrare una parola di troppo o di meno per strabordare.
Siamo ancora in salita, non si vede nessuno sbocco di libertà, nessuna prospettiva di apertura, nessuna idea veramente costruttiva da parte del governo. Le persone continuano a morire e a finire in ospedale e quelli che stanno peggio sono proprio gli operatori, medici, infermieri e altre professionalità che vi girano attorno.
Come reagire a questa tragedia?
Lamentandosi, lamentandosi di chi si lamenta, imprecando semplicemente?
Esco spesso con il cane per passeggiate regimentate come distanza, e ho dovuto accontentarmi della via anziché del parco, per ordinanza del sindaco che ritiene ci si assembri di più nel verde piuttosto che davanti a casa. Domani scendo e disperdo tutte le zanzare, e anche le formiche volanti, e se arrivano i vigili gli dico che stavo evitando gli assembramenti.
Il terzo lunedì di quarantena mi sveglio e mi rendo conto che è il primo giorno che non sento di avere le lacrime pronte a sbordare. Mi illudo che andrà tutto bene e che finirà presto ma i dati continuano ad essere preoccupanti.
 Ogni sera la protezione civile fa questo giochino macabro, la lettura dei numeri dei nuovi contagi e dei nuovi morti, all'inizio tralascia proprio le guarigioni perché non fanno notizia. Smetto di seguirli dopo i primi giorni perché mi rendo conto che quelle conferenze stampa aumentano l'angoscia, approfitto di quell'orario per portare fuori il cane, immagino che siano tutti davanti alla tv e non dietro i vetri a spiare chi esce.
Mio zio che stava a Milano muore, contagiato nel circolo dei vecchietti che frequentava alla sera, c'è stata una strage in quel circolo.
Mio figlio mi fa notare che guardo troppi telegiornali e che parlano solo della pandemia e che ormai se lo sogna anche di notte, il telegiornale.
Il mio compagno è bloccato in città perché lui continua ad andare in ufficio, per fortuna abbiamo le videochiamate così continuiamo a vederci. Salutarci quella sera è stato tremendo, sapevamo che non ci saremmo più visti per chissà quanti giorni, è stata quella la cosa più dura, staccarsi da lui brutalmente, senza prospettive, senza un appuntamento futuro.
Nei momenti di forte dolore pare che ci siano delle fasi da attraversare, la negazione, la rabbia, l'angoscia, l'accettazione, che è l'inizio della guarigione. Ecco io mi sento in questa fase ora, anche se mal sopporto la parola "accettazione", mi fa pensare a una sconfitta, alla disfatta della volontà.
Come si fa ad accettare questa tragedia mondiale?

giovedì 12 marzo 2020

#Decamerhome

Giorno 1

Ho fatto il letto.
Si, lo so che c'è gente che lo fa ogni giorno, anche se non capisco perché, ma oggi, con tutta la giornata davanti ho cambiato (e lavato e steso fuori) le lenzuola, ho fatto prendere aria e sole alle coperte, ho cercato di abbinare le tonalità dei fiori del copriletto a quella dei cuori dei cuscini, ho tirato e misurato mentalmente da ogni parte i risvolti e le parti laterali in modo che cadessero in modo perfettamente omogeneo. Ho fatto un letto che piacerebbe anche a mia madre.
 Ecco, ci vuole una piccola cosa normale di cui andar fieri ogni giorno, 
questa per oggi è la mia.
E non vedo l'ora di andare a letto.


Giorno 2
Pulisco il balcone mentre ascolto la musica e canto anche, sprezzante del pericolo che i vicini mi tirino i pomodori. Che poi, ora che ci penso, mi eviterebbe anche di andare a fare la spesa. Appena sarà asciugato, porterò su dalla cantina (che scusa per fare un giro!) il lettino che usiamo in estate per prendere il sole. Non vedo l'ora di abbassare il tendone e stendermi languidamente con un bel libro in mano, come? Dicono che oggi pioverà?
Ah.


Giorno 3

In questi giorni di doverosa casalinghitudine devo aver dato un'impressione sbagliata a mio figlio, che nonostante si alzi da tavola dopo aver goduto di pasti semplici ma completi di primo, secondo e verdura, sempre diversi, mi esorta a fare le lasagne.
Ecco, la mia risposta non può essere che questa: 
figliolo, non mi sto annoiando così tanto.

Giornata dedicata alle videochiamate di gruppo, prima con le colleghe, e poi con fratelli e sorelle.
 Che bello riscoprire la quotidianità dei miei parenti lontani e conoscere la strana vita di mio fratello che abita su una barca a vela ancorata nel porto di Barcellona. Parlando con il mio uomo, lontano anche lui, bloccato da impegni di lavoro, scopro ha fatto la stessa cosa con le sue tre sorelle, aperitivo via videochiamata. Viva i social.


Giorno 4

Figlio si ferma ammirato a guardare lo sportello del forno al cui interno cuociono (finalmente!) le lasagne, e commenta:- Meglio della tv!
Dopo pranzo, è partita subito la giornata internazionale dei balconi; tutto il vicinato si è dato appuntamento nel proprio balcone per sedersi o stendersi a prendere il sole, chi leggendo (io), chi fumando una sigaretta, chi sistemando piantine ormai secche e abbandonate senza ritegno dall'estate scorsa e ora annaffiate e concimate come se potessero resuscitare (beh, in effetti siamo quasi a Pasqua, quindi forse non hanno tutti i torti).


Giorno 5
Cibi colorati di stagione, pane fatto dal figliolo e vino buono per rallegrare la tavola. Diamoci coraggio da soli.

Mi si è rotta la ciabatta. 
E senza neanche tirarla contro nessuno della famiglia.

Il cane è stanchissimo, ormai quando indosso le scarpe si va a nascondere sotto il letto più lontano, ma dai, pigrone, che sarà mai un'altra breve passeggiatina?



Giorno 6

Dall'Italia dei barconi all'Italia dei balconi è stato un attimo.
E' diventato tutto fattibile in balcone, si stende, ci si stende, si legge, si chiacchiera, si dipinge e si canta in balcone. Abbiamo creato il più grande festival delle attività artistiche e manuali della storia, semplicemente portandole in balcone.
L'Italia ha inventato la seconda Woodstock della storia.

Inizio a guardare con invidia il mio canetto che può uscire tre volte al giorno.

Basta, non se ne può più di stare chiusi in casa, ora mi vesto bene, mi trucco accuratamente
 perché l'attenzione e l'amore per se stessi vanno esplicitati anche in questa situazione di emergenza,
e vado giù a pulire il garage.


Giorno 7

Nei giardini qui sotto non c'è più un filo d'erba. Qualcuno passava il tosaerba anche nello stradello asfaltato dei garage.
Poveri prati, non avranno più tempo di crescere.

I sindaci sceriffi e i cittadini delatori non ce li meritiamo.
Meglio un vicino che passeggia da solo, nel verde, che uno depresso o suicida.

Giorno 8

Sono arrivata alla conclusione che per non farsi accecare dall'ansia sia sufficiente non ascoltare i telegiornali, non rispondere al telefono e non usare i social, semplice, no?

Il flashmob che potrei lanciare oggi è: chi viene fuori a piangere in balcone con me?

Giorno 9

Hanno vietato anche le passeggiate all'aria aperta.
Con chi se la prenderanno oggi, gli odiatori seriali?

               Una nuova mascherina fatta in casa si unisce alla mia collezione, potrei realizzarne                         una da abbinare ad ognuno dei miei pigiami, 
il tempo libero non è un problema.
Anzi lo è in quanto ne ho in abbondanza, ma non posso impiegarlo come vorrei, neanche camminando in campagna. Le passeggiate all'aria aperta sono una dipendenza seria, come il fumo e l'alcolismo.


Giorno 10

E' ora di dire basta a tutti questi assembramenti, di forze dell'ordine


lunedì 9 marzo 2020

La scuola ai tempi del #covid19


Tornare a scuola senza i bambini è paradossale.

Che maestra sono senza di loro?

Cosa c'è nel mio "essere maestra"  se non posso esplicitarlo nella relazione con i bambini?

Sicuramente potrei mandare avanti la documentazione pedagogica, la nostra amata/odiata serie di fogli da riempire per descrivere il nostro fare quotidiano, le dinamiche di relazione del nostro gruppo di bambini e di famiglie e di lavoro.

Potrei riordinare le bacheche di avvisi e notizie, ripensare contesti gioco e aggiornare le pagine del nostro strumento di lavoro. Potrei condividere con le colleghe, a debita distanza, le perplessità e le paure sulle vicende che ci coinvolgono tutti. Come cittadini, non solo di Parma, la nostra piccola bella città capitale della cultura di quest'anno sventurato, ma cittadini di un mondo complesso e talmente interconnesso che "il battito di ali di un pipistrello in Cina può scatenare un uragano" anche nella nostra cara e incauta, Italia.

Più che recriminare e cercare ragioni, credo che la cosa migliore da fare, per il mio orgoglio da insegnante, sia semplicemente di progettare un futuro prossimo (spero). Predisporre una certa quantità di proposte ludiche e didattiche per riaccogliere il gruppo di meravigliose personcine che in tutto questo tempo saranno già cresciute, cambiate, con dei vissuti diversi dal solito.

Come è stato per tutti noi.

Ci eravamo lasciati con la promessa di una festa di carnevale, con la preparazione delle maschere che stavano realizzando con cura, con i colori preferiti, su misura.

Cosa avranno voglia di fare al loro ritorno, a parte riabbracciare gli amici?

Cosa vorranno raccontarci, con le parole o con il loro gioco?

Come rassicurarli sul fatto che anche in questo tempo immobile abbiamo pensato a loro?


Ti sento

Stai ritornando
ti sento
 intorno,
fiorisce l'aria.

Sa di carezze
come quando
dopo che
mi distendo
sazia di te,
e del tuo sapore
che riempie
narici e pori.
E questa stanza
che ci accoglie
da nido quieto
diventa un mondo
nasconde baci
ospita gemiti
celebra Amore.

mercoledì 12 febbraio 2020

Il mio recens-eroe

Il mio uomo ha una passione smodata per i libri.
Lui li ama proprio come oggetti, come strumento di conoscenza e di evasione, come feticcio da assaporare con tutti i sensi. Li ama e li accumula, non potrebbe vivere senza. Credo che, in un naufragio, cercherebbe di salvarne il più possibile, a discapito di qualche essere umano. Quando parte per un viaggio, i libri occupano i due terzi del suo bagaglio, che si tratti di uno zaino, borsone o valigia. C'è da dire che per lui, la lettura, è anche uno strumento di lavoro e non è mai motivo di litigio tra noi poiché è una passione condivisa da entrambi, ci regaliamo libri, ce li scambiamo, ce li rubiamo amichevolmente.
E' l'approccio che è diverso.
Lui ne legge tanti contemporaneamente, compresi quelli che sto leggendo io e che trova disseminati per casa in posti strategici; vicino al divano, in bagno, sul comodino. Se mi vede particolarmente interessata a qualcosa, di cui magari gli faccio un accenno, se ne impossessa subito, appena lo poso, lo legge parallelamente a me, senza segnalibro e senza perdere il filo, e se mi azzardo a riporlo nella libreria si offende tantissimo.
Perché lui non si limita a leggere e gustare storie, saggi e fumetti, no.
Lui li deve recensire.
E' la sua droga, la sua autarchia, la sua memoria storica, la sua condanna autoinflitta.
Io la vedo, quella pila di libri letti sulla scrivania, salire inesorabilmente, perché il tempo è sempre troppo poco, e c'è sempre qualcos'altro da fare, o da leggere. Osservo quell'equilibrio statico, sempre troppo statico, con qualche moto d'insofferenza. Ho già catalogato mentalmente tutti quelli che ho letto, e li avrei già posizionati nelle librerie, suddivisi ordinatamente per genere o per autore, ma no, bisogna aspettare che siano recensiti. Chissà come si sentirà l'ultimo della fila, quello più in basso, che si sente continuamente ricoprire di nuovi tomi, più o meno pesanti?
E chissà come si sentirà il primo, con un primato così fuggevole, poiché a volte capita che il grande recensore si senta ispirato da una storia posta più o meno al centro della fila, più che dall'ultimo letto?
Si sa che, perché la recensione avvenga, ci vuole una serie di congiunture positive tra tempo libero, wi-fi funzionante, voglia di scrivere e voglia di recensire.
Tanto, non è importante l'attesa, il nostro recens-eroe non dimentica neanche una virgola di tutto quello che legge.
Devo stare molto attenta a scrivere solo cose belle sul suo conto, ma questa, in realtà, non è assolutamente una difficoltà, per me.

martedì 11 febbraio 2020

La fabbrica delle parole

Anche quest'anno è stato uno spettacolo.
L'abbiamo provato per mesi, l'abbiamo sofferto, noi, quasi tutti adulti, certo non più avvezzi allo studio come i due giovanotti del gruppo. 
L'abbiamo preparato piano piano, all'inizio, sbagliando e ripetendo le parti tutte le volte che serviva. A metà corso, ancora con calma e tante risate, con l'inconsapevolezza del tempo che corre, e alla fine con una certa ansia che ha rischiato di rovinare tutto. Ma la regista era lì per noi (grazie), la creatrice di personaggi, la demiurga che tanto ci ha sostenuti quanto ci ha anche redarguiti, al bisogno, mai eccessivamente, ma abbastanza per evitare che ci adagiassimo in una falsa sicurezza. Gli adulti sono così difficili da istruire, sono pieni di sé, egoriferiti, a volte presuntuosi e incapaci di guardarsi con umiltà. Quanti "io" è capace di pronunciare un adulto in un giorno, proviamo a contare i nostri. Ma lo spettacolo è fatto dal gruppo, non dalla superstar, nessuno brilla di più, se non cercando di far funzionare bene ogni passaggio. Occorre studiare non solo la propria parte ma tutto l'insieme, ed è dannatamente complicato, occorre agevolare i vari rientri e cambi di costumi e materiali in quinta, occorre sensibilità. Ma la regista era lì (grazie), a ricordarci che a teatro bisogna essere generosi. Tra di noi, per permetterci di esprimerci al meglio, e con il pubblico (grazie) che si è scomodato una sera d'inverno per venire a vedere noi; giocare e divertirci.
Soltanto che ci si diverte davvero se ci si sente accolti, rispettati, se si sente intorno la generosità di ognuno. Fare teatro non è per tutti, non per chi vuole solo esibirsi, è raccontare una storia con tutto il proprio essere, al massimo della generosità.

sabato 25 gennaio 2020

Inverno

Resto qui
da sola sul divano
e non tremo più 
però temo.
Temo che se scendo
e tocco terra 
mi cada la coperta
e resto fredda. 
Questo, 
più che il resto 
mi fa nuda
mi fa sentir paura
non di stare sola
ma star senza calura. 

giovedì 9 gennaio 2020

Tutto per me

Voglio la pioggia per addormentarmi.
Voglio il sole per svegliarmi.
Voglio il vento che mi delinea i confini.
Voglio il fuoco che mi spiega la vita.
Voglio la terra che mi parla d'amore.
Voglio la foresta per imparare la musica.
Voglio l'acqua che mi rende leggera.
Voglio il mare che mi riporta al Tutto.
Ho tutto perché posso sentire.


mercoledì 8 gennaio 2020

Un pesce bollito

L'idromassaggio è per i cultori del relax, non per tutti.
È per chi arriva nella spa con quell'aria soddisfatta di chi già pregusta il piacere mentre osserva l'acqua scoppiettante e si gode il rimescolio anche mentre ci infila un piede. È di chi si immerge completamente, per sentirne i benefici fin sulla testa. È di chi ci si sdraia dentro, ad occhi chiusi, rilassandosi del tutto, tanto da arrivare quasi ad addormentarsi, o di chi vi si adagia lasciando libero il pensiero, fino a trovare l'ispirazione per il proprio lavoro o per risolvere le piccole noie quotidiane. 
I cultori passano per tutte le zone della vasca; dal "pentolone" dove si sta in piedi, alla "griglia", dove ci si sdraia supini o proni e le bollicine solleticano la pelle a pelo d'acqua. Oppure nella parte "salotto", dove si sta seduti e quindi si è portati a stare più vigili, più aperti agli altri, non tanto per chiacchierare ma semplicemente osservare gli altri, o l'esterno se si ha la fortuna di avere una vetrata sulla natura. Questa sarebbe la mia zona preferita se io fossi un'animale da idromassaggio, invece di resistere per un tempo brevissimo. Immaginate una bella vasca grande, con varie persone che la abitano nelle diverse possibilità, immerse nelle loro rilassanti fantasticherie che si sorridono o si ignorano beatamente. Poi, arriverei io, dopo una lunga nuotata nella piscina olimpionica, perché prima di rilassarmi avrei bisogno di stancarmi adeguatamente. 
Al confronto sentirei l'acqua caldissima e la mia pelle cominciare a friggere, rimescolare come l'acqua che mi prurigina attorno. Quel movimento continuo intorno a me non mi darebbe quel senso di pace che gli altri riescono a cogliere, tutt'altro, mi riempirebbe di energia, mi attiverebbe ancora di più, i centri nervosi. Allora non riuscirei a non muovermi e a non diventare insopportabile e ansiogena anche per chi mi sta intorno. 
I pesci, non devi metterli in pentola, vivi.

venerdì 3 gennaio 2020

La melagrana filosofica

Quando ha creato la melagrana, Dio, voleva insegnarci la pazienza.
La pazienza, tanta ne mettiamo nella ricerca di quei granini succosi, dolci e delicati, dal sapore unico, non facilmente riferibile ad alcun altro frutto. Ogni buccia divisoria ci fa scoprire dei gruppi di semini, nati insieme per chissà quale affinità, cresciuti vicini come fratelli.  Insieme ci finiscono in bocca e mentre li moriamo, lasciano fuoriuscire quel nettare rosso che cola dall'angolo della bocca e sulle dita, fin sulle mani come se volessero riempirci tutti, di zucchero e colore. E' un rapporto carnale con il frutto che scorre dentro il corpo ma anche fuori, come a voler segnare il territorio: "tu mi mangi, ma io ti marchio a fuoco". Il piacere aumenta leccando le dita, è un gesto intimo, da fare in famiglia, con il partner diventa il preludio a un gioco erotico, la melagrana non si mangia con tutti. Al bar, in pubblico diventa spremuta, asettica, quasi dietetica, senza tutti quei semini che si incastrano tra i denti, un sorso e via. La melagrana vuole tempo, cura e impegno, è un invito a fermarsi, a riflettere, ogni granino un morso, ogni morso un pensiero, una meditazione alimentare.