venerdì 3 gennaio 2020

La melagrana filosofica

Quando ha creato la melagrana, Dio, voleva insegnarci la pazienza.
La pazienza, tanta ne mettiamo nella ricerca di quei granini succosi, dolci e delicati, dal sapore unico, non facilmente riferibile ad alcun altro frutto. Ogni buccia divisoria ci fa scoprire dei gruppi di semini, nati insieme per chissà quale affinità, cresciuti vicini come fratelli.  Insieme ci finiscono in bocca e mentre li moriamo, lasciano fuoriuscire quel nettare rosso che cola dall'angolo della bocca e sulle dita, fin sulle mani come se volessero riempirci tutti, di zucchero e colore. E' un rapporto carnale con il frutto che scorre dentro il corpo ma anche fuori, come a voler segnare il territorio: "tu mi mangi, ma io ti marchio a fuoco". Il piacere aumenta leccando le dita, è un gesto intimo, da fare in famiglia, con il partner diventa il preludio a un gioco erotico, la melagrana non si mangia con tutti. Al bar, in pubblico diventa spremuta, asettica, quasi dietetica, senza tutti quei semini che si incastrano tra i denti, un sorso e via. La melagrana vuole tempo, cura e impegno, è un invito a fermarsi, a riflettere, ogni granino un morso, ogni morso un pensiero, una meditazione alimentare.

Nessun commento:

Posta un commento