martedì 15 luglio 2025

Pausa

La pioggia è come un raggio
di sole 
tra le piogge di maggio. 

venerdì 11 luglio 2025

Isole

Ho letto due libri bellissimi che mi hanno fatto fare pace con il piacere della lettura, dopo mesi di saggistica e studi vari. Due romanzi, due storie familiari intense e veritiere, i cui personaggi appena accennati si rivelano pian piano scorrendo le pagine. Quasi come se si scoprissero essi stessi con il dispiegarsi delle vicende che li coinvolgono. Il primo è di Giuseppe Gusai: "Come in terra così in mare", e comincia con un evento felice e uno triste; una laurea e un funerale. Giusto il tempo di festeggiare la laurea del primogenito e i protagonisti, da Milano devono spostarsi in Sardegna, da cui il padre è partito tanti anni prima e quasi mai ritornato, per l'ultimo saluto alla nonna. Il viaggio per l'isola non è mai semplice soprattutto per un sardo che si è allontanato per ragioni familiari che solo altri sardi possono capire fino in fondo. Salvatore non racconta niente dell'accaduto ai suoi due figli ormai grandi, e quasi litiga anche con loro quando gli fanno le prime, legittime domande. In Sardegna i ragazzi scoprono una pienezza di colori, di luce e di profumi che nella grande città non avevano mai potuto osservare. Antine, il neolaureato, decide quindi di non tornare a Milano dopo il funerale ma di passare l'estate sull'isola facendo il barista per scoprire le sue origini e i motivi del grande dolore che ha tenuto lontano suo padre. Avrà così modo di conoscere suo nonno, la vita nella natura e la natura dell'animo umano, e alla fine anche il famoso segreto che nel frattempo aveva perso importanza.
Una storia intensa, bellissima, piena di lucida speranza.

Il secondo libro è di Giorgio Scerbanenco: "L'isola degli idealisti" , una storia diversa dai suoi più famosi noir cruenti con protagonista Duca Lamberti, ambientati anche questi proprio a Milano. Qui invece ci racconta di una famiglia facoltosa che vive in una minuscola isola al centro di un non specificato lago. I componenti della famiglia Reffi si possono dedicare unicamente ai propri interessi intellettuali senza dover pensare a come guadagnare la giornata, tuttavia non sono né oziosi né poco attenti al prossimo. Infatti ospitano nella villa una coppia di cugini, questi si, bisognosi di guadagnare, in attesa che essi decidano a cosa dedicarsi per vivere. Inoltre quando arrivano sull'isolotto due malviventi veri e propri, famigerati ladri di alberghi, si offrono non soltanto di ospitarli, sfidando il rischio di diventarne complici, ma addirittura di redimerli e insegnare loro uno stile di vita quantomeno onesto. La storia è bizzarra e a tratti esilarante, Scerbanenco racconta con semplicità e chiarezza la vicenda e il temperamento dei vari personaggi che si rivelano a volte ingenui e a volte machiavellici.
Il capostipite Antonio è un vecchietto che si diverte a deridere i suoi figli pur assecondandone ogni decisione, il figlio Celestino é il tipico gigante buono in più con un gran cervello e un alto livello di filantropia. La sorella Carla si diletta di scrittura di romanzi pur non avendo mai vissuto grandi avventure, al contrario del maggiordomo-tuttofare che rivela una vita segreta più frizzante di tutti gli altri.
I due cugini che appaiono inermi rispetto alle necessità pratiche della vita, si riveleranno per quello che sono ma Scerbanenco non ci racconta nulla della fine che il lettore poi gli potrebbe auspicare. 
I due ladri dovranno decidere se provare a cambiare "professione" e vocazione frequentando le quotidiane "lezioni di onestà" oppure scappare dall'isola e rischiare la galera.
Un libro perfetto, come tutti quelli di Scerbanenco, una storia che fa riflettere e cattura il lettore trasportandolo nelle atmosfere nebbiose e torbide del lago senza nome, e dell'animo umano. 

martedì 1 luglio 2025

Ti amo ma non preoccuparti

 

Dire o scrivere “ti amo” è quasi un parlare di sé.

Io” ti amo, sono io che compio l’azione dell’amare e non importa se ci sia una corrispondenza da parte dell’altra persona. Si mette in primis se stessi: io, io. Ci sono io e ho questo sentimento per te, che comunque vieni dopo di me. E’ quasi liberatorio dire, o peggio scrivere in un messaggino veloce “ti amo”, è come lasciare una responsabilità all’altro, una sorta di richiesta; io ti amo, e ora che si fa?

Si tratta di un discorso delicato, tu mi ami, d’accordo, ma non è colpa mia né merito mio, come si dovrebbe comportare?

Si potrebbe rischiare di restare invischiati in un blocco emotivo, causare un certo imbarazzo; oddio, mi si ama, come rispondere in questi casi? Forse un frettoloso: si, si, anche io potrebbe sembrare impersonale.

Personalmente preferisco utilizzare un’altra formula: sei il mio amore, questa frase mette in primo piano l’altra persona, “tu”, “tu sei” il primo pensiero, la parte più importante della frase, che poi tu sia, incidentalmente, il mio amore, è in secondo piano. In questo modo l’altro non ha alcuna responsabilità, nessun dovere di risposta e di originalità. Il suo risultare un amore diventa una cosa in più, una qualità accessoria che non appesantisce.