mercoledì 29 marzo 2017

Il pesce che ero.

Di quando ero un pesce mi ricordo la spensieratezza, la gioia di esplorare il mare e fare tanti incontri.
Andavo in giro così, per pura curiosità, non perché avessi fame o dovessi trovare
qualcosa o qualcuno. Mi piaceva incontrare tipi come me; impegnati nella ricerca
di alcunché se non dell'appagamento della propria, inesauribile, curiosità.
Nei fondali più profondi non si vede niente, bisogna intuire le informazioni
dal tipo di pinne in cui ci si imbatte.
Alcuni pesci hanno le pinne morbide, lisce, piacevoli da toccare,
con  questi viene voglia di giocare, sbattere e fare un po' di strada insieme.
Alcuni hanno le pinne tentacolose, viscide e mollicce e non sai se hanno voglia di giocare
o di digerirti con i loro sudori.
Le pinne cicciotte e piene di energia vanno bene da battere per suonare i ritmi più movimentati.
Poi ci sono  pinne secche e screpolate che avresti voglia di riempire di bava per idratarle
e farle diventare morbide e comunicative.
Con altre si potrebbe danzare per ore senza annoiarsi.
Io ero un pesce piuttosto vivace, non stavo mai fermo nello stesso mare per troppo tempo,
 un giorno, dopo una lunga assenza e come sempre quando avevo bisogno di chiarirmi le idee,
decisi di tornare a casa per capire se tutti quelli che avevo incontrato
erano proprio pesci o chissà che altro.
 A questa domanda avrebbe potuto rispondermi soltanto la mia mamma-uccello.


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